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🚀 Product Market Fit [Caso Studio 1/2]

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🚀 Product Market Fit [Caso Studio 1/2]

Cos'è il Product Market Fit? Come si raggiunge? Come capisci quando l'hai raggiunto davvero? Le domande più aperte del mondo startup sulla fase più cruciale di ogni nuovo business innovativo

Matteo Aliotta
May 12, 2023
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Eric Ries, l’autore di Lean Start-up lo spiega così: “The term product/market fit describes the moment when a startup finally finds a widespread set of customers that resonate with its product”
Mentre Marc Andreessen, tra i più importanti VC al mondo, sentenzia: “The only thing that matters is getting to product/market fit”.


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Ci sono tanti modi per definire la questione, ma una cosa è certa: è la fase più importante e dove la stragrande maggioranza delle startup fallisce. Non per niente, viene chiamata la valle della morte ☠️

La valle della morte è la fase dove cadono la maggior parte delle startup. In pratica è la maratona per raggiungere il famigerato Market Fit. (Image credits: Gopi Para)

Ti aspetti un report? Stavolta no, ti racconterò un caso studio. Perché trovare il PMF di un’azienda non è una ricetta sempre uguale a sé stessa, ma un percorso.
Non ti parlerò della solita storia celebre della Silicon Valley. 
Si tratta di caso tutto italiano, che mi riguarda in prima persona.

Sui casi studio ho sentimenti contrastanti: sono il modo concreto di mostrare teoria e competenze, ma hanno anche generato i nuovi mostri del digital. I famosi “Clicca qui e scopri come ho fatto crescere questo e-commerce da 50k a 500k mese”. Un mix letale di semplificazione (romanzata) ed egocentrismo. 

La verità è molto diversa: la crescita di un’azienda è lavoro di lungo periodo, fatto di fatica, tentativi, niente consulenti guru, il vero protagonista è l’imprenditore. In questo caso, i founder. I veri eroi sono loro.

Noi, al massimo, siamo degli agenti potenzianti del loro talento e sopratutto del loro coraggio e della loro tenacia.

Per Fitprime in particolare ho un certo affetto. Quando sono entrato ero già senior, ma è stata una grande palestra su tutto: ho lavorato su di un modello che inglobava App Marketing, B2C, B2B, SaaS, subscription model, referral… insomma per una figura come me, un parco giochi faticoso, ma incredibile.

Detto questo, apriamo le danze: il racconto di Fitprime e dei suoi primi 1000 utenti paganti, un piccolo miracolo su cui pochissimi avrebbero scommesso. 

Cosa scoprirai in questo caso studio:

  • Cos’è Fitprime e le insidie nel go-to market di una startup early stage

  • UVP: priorità numero uno e la più sottovalutata

  • Il Growth Loop che ha creato la crescita esponenziale

  • User Experience e la scoperta dell’Aha Moment

  • Come abbiamo abbattuto ogni barriera d’ingresso

  • Mettere il boost: alcuni metodi (PR, offerte, automation)

  • Il Product Market Fit. Come ti accorgi di averlo raggiunto e cosa succede

  • Lezioni chiave da portarsi a casa e risorse utili

🚨 Ti avviso, sarà un contenuto talmente ricco che ho dovuto dividerlo in due puntate. Si tratta del primo e più approfondito caso studio in Italia sull’argomento (se mi sbaglio e ne conosci altri, scrivimi!).
Ma ora bando alle ciance e vediamo il caso studio parte [1/2]!

Cos’è Fitprime?

Fitprime è ad oggi la Piattaforma Wellbeing numero uno in Italia, ha più di 50 dipendenti, un EBITDA positivo e un fatturato che punta a 16 milioni nel 2023. 

Ha fatto un miracoloso Series A in pieno Covid (immaginate al tempo un marketplace che vive di palestre) e grazie alla loro incredibile velocità di adattamento hanno creato una piattaforma di lezioni online in poche settimane. 
Ha accordi con Accenture, Luxottica, Eni, KPMG, EY, Unilever, Boston Consulting, Tetrapak, L’Oreal… (la lista è lunghissima) e continua a crescere grazie ad una combinazione potentissima tra piattaforma di fitness e nutrizione online e l’accesso a 3000 (!) strutture fisiche in tutta Italia.

Ma riavvolgiamo il nastro: torniamo all’inizio

Conobbi i founder nel Febbraio 2017, la situazione era estremamente diversa: cinque ragazzi in una stanzetta, appena usciti dal programma di Accelerazione LUISS Enlabs di LVenture Group.
Ad essere proprio sinceri, non era la startup più sexy di quel batch, anzi. C’erano perplessità attorno a loro e quel modello di business così complesso.
Entrai in contatto con il CEO Matteo e dopo qualche riflessione, decise di ingaggiarmi per provare a dare una svolta alla crescita di Fitprime. Non senza rischio: all’epoca ero un perfetto sconosciuto e la modalità Fractional Executive era vista con diffidenza. Per fortuna di entrambi, la scommessa sarebbe stata quella giusta.

Le difficoltà di partenza

Andrò dritto al punto:

  1. Team di 5 persone, giovane e (all’epoca) con poca esperienza

  2. Modello di business molto complesso: Marketplace + SaaS, sia B2B che B2C e acquisizione via App (detta così suona come un casino, lo è stato)

  3. Mercato difficile e stra-affollato. Fitness. Aggiungo altro?

  4. Player pieni di soldi che erano appena entrati in Italia per prendersi il paese

  5. Avevamo massimo 3k di budget marketing mese. Sipario.

Gympass e gli altri avevano fatto round da decine di milioni per internazionalizzare dei business già validati, noi avevamo un seed da 300k. In pratica andavamo in guerra contro i carri armati, con una cerbottana.

Spolier: Ebbene sì, abbiamo vinto noi.

Da zero al Product Market Fit

Come ho già anticipato, la differenza vera, la fanno i Founder ed i loro incredibili talento, tenacia e capacità di adattamento ed evoluzione. Fitprime in questo ha dei fuoriclasse veri in tutti gli ambiti, strategico, tecnologico, commerciale…

Mentirei però, se dicessi che tutto ciò su cui ho lavorato nei primi due anni della startup non avesse fatto la differenza. 

Proverò a sintetizzare qui, una serie di interventi che abbiamo realizzato e che hanno portato al Product Market Fit, che per noi è stato avere i primi mille clienti paganti. La soglia psicologica e la milestone considerata il primo grande passo nella storia di una startup ⛳️.

Partimmo dal B2C. Follia o vantaggio strategico?

Mi piace pensare che fummo dei piccoli Forrest Gump. Mentre dall’estero i nostri competitor venivano agguerriti sulla fetta più grande (e più profittevole) che sono le aziende ed il mondo B2B, noi come dei pazzi correvamo dietro al mercato di massa: volevamo aggredire il B2C andandoci a prendere gli utenti, uno per uno.

Ad oggi, carte alla mano, sembra pura follia, ma guardando indietro sembra chiaro: quello fu il nostro vantaggio competitivo.

Ebbene sì, raggiungere il PMF (d’ora in poi abbrevierò così Product Market Fit) puntando sull’utilizzatore finale, ci ha dato un grandissimo vantaggio sul prodotto, anche quando Fitprime ha fatto il suo Pivot verso il mondo delle aziende, passando al B2B.

Cosa intendo? Oggi diremmo Product Led Growth, (qui trovi un mio report dettagliato) cioè una strategia di go-to market prodotto centrica. Ma al tempo non lo sapevamo. Eppure mettemmo il prodotto al centro (nel nostro caso: l’App), che divenne catalizzatore dell’acquisizione, della retention e anche della viralità.

Le differenze di go-to market. I nostri competitor applicavano il classico Sales-Led Growth B2B, rivolgendosi esclusivamente ai decision maker dell’azienda. Lead generation e call dei commerciali. Fonte: Elena Verna

Questo rallentò sicuramente la monetizzazione nel breve, ma ci diede due importanti vantaggi competitivi al raggiungimento del PMF:

  1. Avevamo lavorato più di tutti sul prodotto e sulle necessità dell’utilizzatore finale

  2. Eravamo già conosciuti dentro le aziende, dal basso: quando i sales andarono a bussare alle porte, spesso c’era chi conosceva e apprezzava il servizio

La grande differenza tra Product-led Growth e Sales-Led Growth è proprio questa, il primo si rivolge all’utilizzatore finale, l’altro al decision maker. Sembra una differenza sottile ma è sostanziale. Qui ha cambiato tutto.

Ma ora passiamo al Growth. Vediamo le 8 cose su cui ho lavorato che hanno fatto la differenza per il raggiungimento del Product Market Fit

1. La più sottovalutata: una Unique Value Proposition a prova di bomba

Questo caso studio che riguarda la UVP l’ho portato ovunque in giro per l’Italia, tra speech ed Università. È così semplice e potente che fa capire il Growth anche ai non addetti ai lavori (lo trovi anche nel corso online di Growth Hacking di Learnn).

Oggi si chiamerebbe Language-Market Fit e riguarda l’importantissimo match di linguaggio (dunque di valori percepiti) che ci deve essere tra l’audience di un mercato e un prodotto.

Lo schema di Daphne Tideman che dimostra come il fit tra un mercato ed un prodotto lo si ottenga grazie ad un incontro di linguaggio e dunque intenzioni

Quella che può sembrare una questione di chiacchiere e poca pratica è in realtà il driver primario di acquisizione, specialmente per un prodotto innovativo in fase early stage.

Il nostro linguaggio non era semplice da trovare. Bisognava spiegare il sistema tramite il quale puoi entrare in molte palestre con un unico abbonamento; il tutto tramite app. 

In più, non sapevamo CHI avrebbe voluto utilizzarlo. In pratica, non avevamo capito ancora chi fossero i nostri early adopters.

Avevo però un (piccolo) asset: c’erano già qualche decina di utenti paganti quando iniziai. Decisi subito di capire chi erano e perché utilizzassero Fitprime invece di andare in palestra come tutti.
Cosa feci:

  1. Andai dal Customer Care
    Dipartimento più sottovalutato di ogni azienda, che invece ha informazioni e know how che valgono ORO. 

  2. Intervistai diversi utenti
    Quasi tutti, per pigrizia e velocità, partono con le survey. Lasciate stare i form: devi parlare con le persone! lo feci secondo i principi della Customer Development. Cruciale in fase discovery.

  3. Inviai alcune survey
    Solo dopo le interviste e con le idee più chiare (e meno piene di bias) inviai alcuni questionari per scalare su numeri più alti.

Vuoi sapere che tipo di domande ho fatto? Qui trovi alcune tra le mie preferite, posso dirti che sono quelle da cui ho estratto più valore, sull’esperienza di decine di business su cui sono intervenuto.

Bingo.
Capii chi erano gli utenti tipo, ma sopratutto: perché usavano Fitprime invece di fare una semplice iscrizione in palestra.

La scoperta fece la differenza totale nella nostra fase di business. Capimmo che l’utente Fitprime non era un appassionato di Fitness, né un pendolare. Tutt’altro. Era una persona che approcciava il fitness in maniera amatoriale e sopratutto: utilizzava Fitprime per il vantaggio di poter fare più attività.

Da quel giorno avevamo 2 armi potentissime: sapevamo a chi dovevamo rivolgerci, e con quale proposta di valore.

Questa cosa impattò pesantemente l’acquisizione, incominciammo ad avere un CAC sostenibile e un app install incominciò a costarci la metà.

Non vendevamo più ingressi in palestra, ma vendevamo l’esperienza di provare più attività, con un unico abbonamento.

In questo mio framework ti mostro (secondo personale esperienza) gli obiettivi chiave di ogni stadio del business. Nella fase iniziale bisogna capire IL fattore cruciale: il matching tra Unique Value Proposition ed i relativi Early Adopters.

2. Essere Agnostici: validare tutto, velocemente

Non mi sono accontentato di scoprire quale fosse la chiave di linguaggio giusta per entrare sul mercato, così incominciai a domandarmi: se svolgere diverse attività di fitness è la nostra value proposition, qual è l’attività che attira gli utenti più degli altri? e soprattutto: ce n’è una?

Nelle interviste non emergevano particolari preferenze, e anche il dato quantitativo (per quanto ancora poco esteso) non mostrava propensioni. Decisi per tale motivo di validare attraverso dei test adv, in fase di acquisizione, alla ricerca di un dato di intento.

L’idea era quella di testare con paid adv la singola attività fitness (in maniera molto veloce, con foto stock) e di metterci una quantità di budget fino a sufficiente massa critica.

Decisi di dividere le attività fitness più rilevanti in 5 macro aree:
Sala Pesi, Piscina, Yoga & Pilates, Crossfit.

Anche qui, una bella sorpresa:

Proprio così, scoprimmo con un test che potevamo abbassare il CPI (Cost per Install dell’app) in maniera importante, puntando sulla suggestione della piscina

Ora avevamo una nuovo standard per fare advertising online, il costo per installazione dell’app era diventato finalmente sostenibile (passammo da 5–6€ CPI a scendere anche sotto l’Euro). Il mese successivo ottenemmo già questi risultati:

Un esempio di adv del dopo scoperta. L’esperimento impattò sia la mole di iscrizioni che le condivisioni e la viralità dell’annuncio stesso già dal mese successivo. Ora le persone capivano — e amavano — ciò che offrivamo.

Il nostro target, lo avevamo così stanato: erano persone comuni, non pendolari o fissati del fitness. Persone che avevano voglia di mettersi in forma con la flessibilità di scegliere più attività, con un solo abbonamento.

🏊‍♀️ Fun fact — Una lezione da imparare: guardando il dato quantitativo, l’utilizzo della piscina era ancora poco esteso. Se mi fossi basato solo sulle dashboard e sui numeri, non avrei fatto questo test di validazione (agnostico!) e dunque scoperto che le persone cliccavano compulsivamente sulle adv a tema piscina. La grande differenza tra valore percepito e valore di utilizzo!

Iniziammo così a crescere come le startup vere: superando il +5% a settimana (WoW o Week over Week che dir si voglia) ma la strada era ancora lunga..

3. Trovare il Growth Loop definitivo

L’acquisizione aveva ingranato alla grande, ma è facile crescere in quelle percentuali partendo da numeri piccoli… e non c’è niente di peggio di una startup che cresce in maniera lineare. 

Cosa intendo? Andrew Chen l’ha chiamata la Paid Ads Addiction ed è particolarmente comune nelle startup (italiane): con la scusa di dover portare metriche di crescita in breve tempo agli investitori, invece di fare Growth (vero) preferiscono bruciare budget in paid ads (magari ingaggiando l’agenzia del “guru digital marketer del momento”). Si ritrovano così ad avere un business che senza adv è morto, e senza mai intervenire su organic growth, retention e sperimentazione. Spesso le riconoscete dal funding: continuano a fare un bridge dopo l’altro senza mai arrivare al Series A.

Ecco perché una startup dovrebbe fare Growth e non solo Performance:

Un’immagine di Daphne Tideman ci spiega in maniera semplice perché bisogna trovare anche soluzioni come i Growth Loops invece di utilizzare solo crescita lineare come i Funnel

Noi il nostro loop ce lo avevamo, lo dovevamo solo affinare affinché funzionasse dannatamente bene. Si basava su di un concetto semplice: hai il tuo codice personale che regala un 30% di sconto agli amici. Per ogni persona che lo usa, hai un mese di abbonamento gratis.

Il dettaglio del nostro schema di Growth Loop che portò anche fino al 30% degli abbonati mensili

Non tutti i business possono avere un Referral Loop così aggressivo, il nostro funzionava in maniera incredibile. Ci ritrovammo scene di ogni genere: persone che baravano, infiniti commenti sotto l’app store con persone che spammavano il loro codice personale, e persino utenti che avevano creato un blog apposito e un profilo Twitter per diffondere il loro codice 🤡.

Quando creiamo un Growth Loop Referral dobbiamo sempre ricordarci che l’utente dovrà fare uno sforzo che nella sua percezione dovrà essere ripagato in maniera esponenziale. 

Più è alta la percezione, più sarà virale il Loop stesso. Nel nostro caso un mese di palestra era un premio ricchissimo e che a noi costava relativamente poco: è importante avere in controllo i dati e gli economics per capire se il gioco ti fa crescere ed è sostenibile o ti manda solo in bancarotta. 

Fun fact: Qualche utente si fece persino un anno e oltre di fitness a scrocco. Detta così potrebbe sembrare in perdita: ma si guadagnano 12 e più abbonamenti per volta :)

🛠️ Risorse

Vuoi applicare questi passaggi sul tuo business? Ecco le risorse per iniziare:

  • ♻ Growth Loops
    Qui trovi la mia guida completa e come applicarli sul tuo business con il framework

  • 💬 Interviste e customer discovery
    I miei libri preferiti: sul metodo e su come intervistare

  • 🧪 Testing, validazione e sperimentazione rapida
    Il mio report completo sul metodo Growth ed il videocorso step by step

  • ⚙️ Product Led Growth
    Il libro da cui partire ed il mio report dettagliato


💪 Non è finita, questa è solo la prima parte! nella prossima puntata [2/2] troverai:

  • L’approccio di studio alla mappatura della User Experience

  • La scoperta del nostro Aha Moment

  • Come abbiamo abbattuto ogni barriera d’ingresso

  • La costruzione della nuova Value Ladder

  • Mettere il boost: alcuni metodi (PR, offerte, automation)

  • Il Product Market Fit. Come ti accorgi di averlo raggiunto

  • Lezioni da portarsi a casa e risorse

🚨 Clicca qui per accedere alla seconda parte
👉 Parte 2/2 del Caso Studio

Grazie per aver letto fin qui! Se non sei ancora dentro la newsletter, iscriviti per ricevere la prossima puntata 👇

Un Abbraccio ❤️ (A distanza)
Matt

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7 Comments
Alex
May 14Liked by Matteo Aliotta

Bravo Matteo, grazie per la condivisione!

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Luca Gandini
Writes Genitori Instabili
May 14Liked by Matteo Aliotta

Grazie mille, tantissimi spunti. Una sola domanda. Puoi dirmi precisamente cosa recitava lo statement della vostra primissima USP?

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1 reply by Matteo Aliotta
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